Giglio Reduzzi
Anima e corpo
Aggiornamento: 22 giu 2020
Ci hanno insegnato sin da piccoli che l’uomo, a differenza degli animali, è dotato di anima e corpo e che, mentre il corpo, con la morte, scompare definitivamente, l’anima gli sopravvive, anzi rinasce per intraprendere un nuovo percorso: la vita ultraterrena, tutta spirituale, che ha il pregio di non finire mai.
La cosa mi colpì molto, al punto che un giorno, avendo accidentalmente causato la morte di un gattino appena nato, piansi a dirotto e a lungo, ritenendo ingiusto che il poveretto, oltre a morire prematuramente, non avesse neppure diritto, in quanto animale, ad andare in Paradiso.
Poi non ho più pianto. Non per quelle ragioni. Crescendo il cuore indurisce.Ma per tutta la vita ho continuato, in quanto credente, a ritenere che l’anima, portatrice di eternità, fosse immensamente più importante del corpo.
Ciononostante anch’io mi sono sempre comportato con l’incoerenza che tutti noi dimostriamo quando, per esempio, andiamo al cimitero a pregare sulla tomba di un nostro congiunto.
Infatti, così facendo, noi finiamo, implicitamente, per sopravvalutare il corpo, attribuendogli un valore superiore a quello dell’anima; oppure a ritenere che quest’ultima mantenga una qualche relazione con il corpo ed aleggi nei dintorni; ovviamente dimenticando che, in quanto spirito, essa non necessita di uno spazio fisico in cui collocarsi.
Ovviamente conosco e comprendo tutte le motivazioni culturali che stanno dietro a questi comportamenti (la nascita della civiltà viene fatta coincidere proprio con il culto dei morti), sta di fatto che si tratta di comportamenti incoerenti, anche da parte di chi non crede.
Infatti io penso che anche gli atei non osino far coincidere la propria persona soltanto con il proprio corpo, anche se non credono di avere un’anima, o la chiamano in un altro modo.
Sono convinto che a nessuno di noi, credente o no, sfugga la grande differenza che corre tra il dire “ Brusca ha ucciso il piccolo De Matteo e lo ha sciolto nell’acido” e dire , invece, “Brusca ha ucciso il piccolo De Matteo e ne ha sciolto il corpo nell’acido”.
Proprio perché un conto è la persona di Francesco De Matteo ed un conto è il suo corpo.
Alla fine anche la Chiesa ha dovuto arrendersi alla moda di cremare il corpo dei defunti.
Solo così ha potuto affermare con nettezza quanta distanza, anche fisica, esista tra l’anima ed il corpo.