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  • Immagine del redattoreGiglio Reduzzi

ArcelorMittal


L’arroganza che Giuseppe Conte e Luigi Di Maio usano nei confronti del sig. Mittal sarebbe giustificata, a mio avviso, solo se fuori dalla porta ci fosse una fila di imprenditori tutti pronti a prenderne il posto.

Ma siccome così non è, a me sembra che tutta quella prepotenza (tipo: li trasciniamo in tribunale) sia del tutto inappropriata.

Tanto più che, vista da fuori, l’Italia appare come un Paese dove vige il libero mercato e dove, pertanto, nessun imprenditore può essere obbligato a perdere soldi, anche se ha fatto male i conti quando ha comprato la fabbrica.

Solo in un Paese ad economia pianificata un’azienda può continuare a produrre in perdita.

E neppure in tutte. Per esempio credo che in Cina non potrebbe.

Da noi, quello di produrre in perdita è un lusso riservato ai carrozzoni statali od ex statali, che nessuno vuol comprare neanche se glieli regali. Vedi Alitalia.

E che, se vengono comprati, l’incauto acquirente cerca subito una scusa per disfarsene.

Come pare sia il caso dell’ex Ilva di Taranto.

Per cui il sig. Mittal, invece di essere preso a calci nel sedere, avrebbe bisogno di un governo amico che gli chiedesse in che modo potrebbe aiutarlo.

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