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  • Immagine del redattoreGiglio Reduzzi

Avanti le donne ed i bambini

Verso la fine della seconda guerra mondiale, la principale preoccupazione dei padri di famiglia italiani era di mettere al riparo dai bombardamenti le donne ed i bambini, mentre loro andavano regolarmente al lavoro correndo tutti i rischi del caso.

Non si trattava di atteggiamento eroico, ma della conseguenza logica di una civiltà maturata negli anni, anzi nei secoli, che mette al primo posto i membri deboli della società.

Non è sempre stato così.

Quando Gesù tenne il famoso discorso della Montagna, l’evangelista scrisse che ad ascoltarlo c’erano quattromila uomini, “senza contare le donne ed i bambini”.

Proprio così. Il che vuol dire che, a quei tempi, donne e bambini contavano molto poco.

Poi, proprio grazie a Cristo, qualcosa cominciò a cambiare e, almeno nei paesi plasmati dal Cristianesimo, si fece strada l’idea che, lungi dall’ essere ignorati, i membri deboli della società dovessero essere i primi ad essere protetti.

Questo lungo processo non è avvenuto nel mondo musulmano, se non in modo molto parziale.

Lo si deduce da come è vista la donna nei Paesi a maggioranza islamica ed, in maniera ancora più evidente, da come è composto il popolo dei migranti: sono quasi tutti uomini; peraltro giovani e forti (anche se chi vive di accoglienza ha interesse a definirli “minori non accompagnati”).

Noi riempiremmo i barconi di donne e bambini, loro li fanno salire con il contagocce in funzione di apripista, perché noi europei siamo gente strana che si commuove alle lacrime solo quando vede una donna (meglio se incinta) od un bambino.

Gli scafisti lo sanno e ci marciano.



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