Giglio Reduzzi
C'era una volta l'Europa
L’Unione Europea è cosa buona e giusta se funziona.
Se funziona male o non funziona affatto non ce l’ha ordinato il medico di farne parte.
Noi italiani siamo stati i primi a crederci, tant’è che siamo nella lista dei fondatori. In realtà più per convenienza che per convinzione.
Infatti pensavamo, già nel primo dopoguerra, che per contare nel mondo dovessimo uscire al più presto dalla nostra situazione di perdenti ed aggrapparci a qualcuno che la guerra l’avesse vinta, senza farci risucchiare nell’incombente dittatura alternativa rappresentata dal comunismo.
Dapprima ci accontentammo di poterci approvvigionare meno onerosamente dell’acciaio, poi ci spingemmo fino ad auspicare che la neonata alleanza ci risolvesse gli altri problemi, a partire da quello di parlare al mondo con una sola voce e quello di difenderci da eventuali attacchi esterni con un solo esercito.
Da allora quell’alleanza si è allargata ad altri membri ed ha anche cambiato nome, ma non ha risolto nessuno dei due problemi cui tenevamo maggiormente.
A tanti anni di distanza ciascun Paese continua ad avere la sua costosa ed inutile Ambasciata ed il suo costoso ed inutile esercito.
Solo la Danimarca, se ricordo bene, si era detta disposta a rinunciare al proprio servizio diplomatico a favore di uno che si occupasse di tutti i Paesi membri.
La Francia si guarda bene dal richiamare il suo delegato al Consiglio di Sicurezza dell’ONU per far posto ad un ambasciatore che rappresenti l’Unione Europea nel suo insieme.
Con l’uscita del Regno Unito dall’ UE, la Francia è rimasta l’unico Paese in possesso della bomba atomica e, pertanto, l’unico che, a rigor di logica, dovrebbe costituire il nucleo centrale di un futuro esercito europeo.
Il che tra l’altro farebbe la gioia degli americani, perché alleggerirebbe il loro impegno nella NATO.
Peccato che la Germania non accetterà mai di mandare i suoi soldati sotto il comando di un generale francese.
Insomma l’egoismo nazionale (che in Italia viene spregevolmente chiamato sovranismo) continua a prevalere in tutto il continente, anche adesso che alle due esigenze sopra descritte se ne è aggiunta una terza: i flussi migratori che stanno snaturando la millenaria cultura europea.
Non è un caso che una dozzina di Paesi membri abbiano chiesto all’UE di erigere una barriera unica a protezione dell’intera comunità.
Purtroppo la Commissione capeggiata dalla signora Ursula Von der Leyen ha sorpreso tutti, non solo per aver detto no, ma per averlo detto con la prontezza tipica delle decisioni ovvie.
Chi vuole -ha detto in sostanza- si faccia il suo recinto con i suoi soldi.
Ovvero: qui non c’è spazio per la solidarietà.
Evidentemente il fatto che in Europa gli unici luoghi di culto che nascono siano Moschee non la turba affatto.
Né la turba il fatto che le giovani ragazze asiatiche e/o africane che vengono in Europa siano costrette a contrarre matrimoni combinati dai loro genitori, pena la morte.
Ebbene, noi non vogliamo che la nostra Europa evolva in questo modo.
E se questo è quanto l’Europa ci offre, allora preferiamo uscirne.
Bene ha fatto la Polonia (e con essa il gruppo Visegrad) a rivendicare il diritto a salvaguardare la propria cultura, se far parte dell’UE significa perderla.
Bene fanno i partiti sovranisti italiani a guardare con occhio critico l’Unione fino a quando questa non si doterà di una vera costituzione che sia la sintesi delle costituzionali nazionali o comunque non in conflitto con le medesime.