Giglio Reduzzi
Due modi diversi di essere democratici
E’ stupefacente notare come, nell’uso corrente, il termine “democratico” si applichi indifferentemente a due governi come quello americano e quello italiano che pure trattano i loro cittadini in modo tanto diverso.
Evidentemente si tratta di un vocabolo dal significato molto ampio, dato che, in un caso, il rapporto cittadino/Stato è così poco presente da sfiorare l’anarchia, mentre, dall’altro, è così soffocante da sfiorare il comunismo.
Prendiamo il caso del lavoratore dipendente.
In America il prestatore d’opera è una specie di imprenditore di sé stesso ed è orgoglioso di esserlo.
Pattuisce una paga oraria con il datore di lavoro e, alla fine delle due o quattro settimane, si fa dare i suoi soldi e li gestisce come meglio crede.
I più saggi, oltre a pagarci le tasse, la rata del mutuo e le solite bollette, stipulano delle assicurazioni a carattere mutualistico, mentre i meno saggi vanno al pub e ci rimangono finchè li buttano fuori.
In Italia, invece, il datore di lavoro è obbligato dallo Stato e dal Sindacato a trattare il lavoratore come un individuo incapace di governarsi da solo e provvede lui stesso a:
pagargli le tasse,
mettere da parte (pro quota) il supplemento di paga che gli darà a Natale,
accantonare i soldi delle ferie,
mettere da parte il gruzzolo che gli darà quando andrà in pensione,
pagare la quota dovuta all’ente pensionistico,
pagare la quota dovuta al servizio sanitario nazionale,
ecc. ecc.
Credo che alla base della inimicizia che a volte si riscontra in Italia tra lavoratore e datore di lavoro sia anche dovuto a questa eccessiva intromissione del secondo negli affari privati del primo.
Un’intromissione che è tipica del padre verso il figlio minore o incapace.
Di essa e delle sue negative implicazioni deve essersene accorto anche Marco Pannella, quando, anni prima di morire, tentò di introdurre anche nel nostro Paese la liberalizzazione del rapporto lavoratore/imprenditore in uso negli USA.
Il tentativo non ebbe successo, per la semplice ragione che il tipo di rapporto vigente nei due Paesi non è arbitrario, bensì in perfetta sintonia con l’indole dei cittadini.
Indole che è fatta, in America, di spirito avventuroso e, in Italia, del quieto vivere tipico di chi vuole essere assistito dalla culla alla tomba.
Infatti, pur facendo parte dei Paesi democratici, noi stiamo nella parte dello spettro che confina con il comunismo.
E non c’è nulla nella nostra Costituzione che ci vieti di avere un governo comunista.
C’è persino quella “funzione sociale” della proprietà privata che era tipica delle costituzioni sovietiche (Art.42).
Noi siamo probabilmente l’unico Paese al mondo che cura gratis anche i non italiani.
L’esatto contrario degli USA, dove pagano anche i residenti, (salvo che abbiano stipulato un’apposita e costosa polizza assicurativa).
In Canada i residenti non pagano, ma i non cittadini, non importa quanto poveri, pagano e pagano salato, perché – si argomenta- non hanno contribuito alla creazione del Sistema Sanitario Nazionale.
In USA ci sono delle aziende “non sindacalizzate”, cioè imprese in cui i sindacati non entrano perchè i lavoratori sono orgogliosi di fare da soli.
Si chiamano aziende “de-unionized”.
Da noi la libertà d’impresa si esplica compiutamente solo al momento dell’assunzione, perché, anche dopo l’eliminazione dell’art. 18, la facoltà di licenziamento rimane soggetta a molti paletti e non è raro che un dipendente, licenziato dal datore di lavoro, venga fatto riassumere da un giudice.
Ne consegue che i rapporti impresa/lavoratore sono quasi sempre tesi, mentre in USA sono di reciproco rispetto e talvolta persino amicali.
Lo si vede dopo le 5 della sera, quando datore di lavoro e dipendente vanno insieme al bar e si chiamano l’un l’altro con il nome di battesimo.
Né la cosa si verifica solo per le piccole aziende, benchè evidentemente qui accada con maggior frequenza.
Quando l’American Airlines (che non è una piccola azienda) è andata in crisi ed ha chiesto l’aiuto dei dipendenti, questi hanno prontamente detto SI e si sono tagliati lo stipendio del 20%, salvando l’azienda dal fallimento.
Quando la stessa cosa è successa all’Alitalia, i dipendenti hanno detto NO e, anzi, hanno inaugurato una sfilza di scioperi che ha aggravato la crisi della compagnia fino a farla fallire.
Meditate, gente, meditate.