Giglio Reduzzi
I migranti bussano alla porta giusta?
Aggiornamento: 12 lug 2020
Il Papa sa bene che chi rischia la vita affrontando prima le dune del deserto e poi le onde del mare non lo fa per spirito d’avventura, ma per cercare quelle condizioni minime di vita che non trova nel proprio Paese.
E che, dunque, è dovere di ogni buon cristiano non solo farlo entrare, ma anche dargli quello che cerca (casa, lavoro, assistenza sanitaria, ecc.), altrimenti tanto vale dirgli subito: guardi che lei ha sbagliato indirizzo. Qui non ce n’è per nessuno.
E difatti, all’inizio del suo pontificato, il Papa ci spiegò che dovevamo fare l’una e l’altra cosa.
Dello stesso avviso era (e tuttora è) il cardinale africano Robert Sarah che nel suo libro “Le soir approche et déjà le jour baisse” scrive testualmente:
“si suppone che i governi che accolgono gli uomini e le donne in fuga dall’Africa abbiano un progetto preciso per fornire loro la garanzia di una vita degna di essere vissuta, con casa, lavoro, ecc……Il contrario sarebbe irresponsabile ed inquietante…... Senza un progetto preciso di integrazione è criminale offrire ospitalità ai migranti.”
Per darci il buon esempio, Papa Francesco si recò di persona in un’isola greca, dalla quale tornò portando con sé una famiglia di migranti.
L’esempio doveva servire per tutti, ma soprattutto per i suoi parroci, cui chiese esplicitamente di farsi carico ciascuno di una famiglia di migranti.
Purtroppo nessun parroco seguì alla lettera il suo esempio.
Anche perché di famiglie ce n’erano poche: i richiedenti asilo erano soprattutto baldi giovanotti singles.
Inoltre il messaggio del Papa era piuttosto vago, dato che non precisava né quanto l’assistenza in canonica dovesse durare né se essa dovesse spingersi sino alla fornitura dei tappetini per le preghiere.
Il Papa si accorse che la sua richiesta conteneva grosse lacune.
Inoltre più passava il tempo in Italia e più si rendeva conto che neanche gli italiani se la passavano tanto bene in fatto di casa, lavoro, ecc.
Per cui il richiamo alla fase due dell’accoglienza rischiava di essere controproducente e persino di portare acqua a quel pericoloso personaggio della politica italiana, il cui slogan era “prima gli italiani”.
Morale della favola: meglio insistere solo sulla fase uno: quella piuttosto facile e difficilmente contestabile della prima accoglienza.
E’ per questo che Papa Francesco da qualche tempo invita i cristiani solo ad aprire la porta agli immigrati.
Cosa debbano farne dopo… non si sa.
Certo neppure il Papa vuole che essi bighellonino per le strade e che le loro donne vadano ad infoltire l’esercito delle meretrici.
Però è proprio questo che avviene nel nostro Paese, con grande disappunto degli italiani.
Forse era meglio dire loro: Guardate che avete sbagliato indirizzo!