Giglio Reduzzi
Il declino del Parlamento
Aggiornamento: 6 dic 2020
Tutti citano il 1968 perché viene considerato l’anno della rivoluzione dei costumi.
Pochi invece parlano dell’anno 2018, benchè esso sia stato l’anno che ha rivoluzionato la politica.
Infatti in quell’anno si sono svolte le elezioni politiche che hanno comportato l’ingresso nel Parlamento italiano di ben trecento rappresentanti del Movimento Cinque Stelle (M5S) di Beppe Grillo, noti anche come “grillini”.
Ebbene, che c’è di strano, direte voi, in questo fatto?
Di strano c’è che il profilo di queste trecento persone è totalmente diverso da quello che sino a quel momento veniva associato alla figura del parlamentare.
In passato i deputati erano rappresentati da persone di una certa età che, avendo maturato una lunga esperienza lavorativa, venivano invitati a mettere questa loro esperienza a disposizione della società entrando in Parlamento.
Accanto a loro, ma in misura quantitativamente minore, c’era anche una quota di persone più giovani, che invece si davano alla politica sospinti dal fuoco interiore delle loro idealità.
Il Parlamento era il luogo dove Destra e Sinistra mandavano i loro uomini migliori, che si chiamassero De Gasperi o Togliatti.
(Tra l’altro, se ricordo bene, Togliatti veniva proprio definito a quel modo.)
Avere un parente in Parlamento era un orgoglio per tutta la famiglia.
(Io, per esempio, mi vantavo di avercelo.)
Al contrario di quanto avveniva storicamente, i deputati grillini eletti nel 2018 e tuttora in carica sono tutti molto giovani (poco più che trentenni quelli che siedono alla Camera dei Deputati, poco più che quarantenni quelli che siedono al Senato) e non appartengono a nessuna delle due categorie di deputati tradizionali (quella dei portatori di esperienza e quella dei giovani idealisti).
Infatti non hanno né alcuna esperienza lavorativa previa da vantare, né alcuna forte idealità da difendere.
Che lo crediate o no, prima di entrare in Parlamento, erano per lo più dei giovani laureati in cerca di primo impiego.
Hanno compilato il loro curriculum scolastico, l’hanno “infiorettato” a dovere (il loro massimo rappresentante ha persino ammesso di averlo fatto) e l’hanno mandato in giro nella speranza che qualche datore di lavoro offrisse loro un impiego.
In ciò favoriti dal fatto di appartenere alla fascia d’età di coloro che hanno maggior dimestichezza con l’uso del computer e delle rapide comunicazioni che esso consente (e-mail).
Cosa che le persone ricche di esperienza ma abituate a comunicare via fax generalmente non avevano e continuano a non avere.
Tra i datori di lavoro che trovarono interessanti i curriculum ricevuti ci furono Beppe Grillo ed il suo socio Gianroberto Casaleggio.
Essi non erano personaggi politici, ma avevano appena costituito un movimento che, tra l’altro, offriva ai futuri membri la possibilità di candidarsi al Parlamento nazionale e, soprattutto, di presentare la loro candidatura per via telematica (la famosa piattaforma Rousseau), cioè attraverso la modalità con cui i ragazzi vanno a nozze.
Per varie ragioni (che non ricorderò, avendolo già fatto con un precedente post), il neonato Movimento ottenne un terzo dei seggi disponibili ed è così che al Parlamento italiano arrivarono ragazzi privi di esperienza lavorativa e digiuni di politica.
Era la prima volta che i commessi del Parlamento, vestiti da maggiordomo inglese, servivano l’acqua da bere ad un balbettante improvvisato oratore.
(La seconda, se nel computo viene incluso il sen. Antonio Razzi.)
Anche Grillo e Casaleggio non tardarono ad accorgersi di quanto fossero impreparati i ragazzi che mandarono in Parlamento a sedersi accanto a vecchie volpi, come Ferdinando Casini, che in quelle aule avevano messo radici.
Del resto si vedeva lontano un miglio che, quando prendevano la parola, non c’era nessun pathos nella loro voce e si limitavano a recitare un copione imparato a memoria.
Trasmettevano lo stesso imbarazzo che provavamo noi da bambini quando, a Natale, ci mettevano sulla sedia per recitare la poesia.
Ragion per cui, per evitare brutte figure al Movimento, Grillo e Casaleggio imposero ai loro deputati una serie di restrizioni, come quella di non concedere interviste ai giornalisti.
Proibizioni che venivano alleviate man mano che i giovani deputati.... imparavano il mestiere.
Era però ovvio che, a fronte dell’impreparazione grillina, mentre Grillo e Casaleggio potevano arrogarsi il diritto di sottrarre i ragazzi all’esposizione mediatica, il Parlamento fosse invece tenuto a riservare loro lo stesso trattamento che riservava agli altri deputati, indennità parlamentare compresa.
In questo modo i deputati del M5S, che prima di entrare in Parlamento avevano un reddito medio di 1,500 euro, si sono visti decuplicare il reddito da un giorno all’altro.
Ho detto “decuplicare”, non semplicemente “aumentare”.
Un evento di questo tipo non era mai accaduto in Italia (né credo altrove nel mondo) e quindi non è esagerato chiamarlo rivoluzionario.
Fuori dal Parlamento, un giovane laureato si considera fortunato se viene assunto per uno stipendio, appunto, di 1,500 euro al mese ed ancor più fortunato se, trascorsi alcuni anni, viene premiato con un aumento di 200 o 300 euro.
Non gli passerebbe mai per la testa di ricevere uno stipendio di 15,000 euro mensili, accompagnato da tanti benefit che in pratica lo fanno diventare di 20, 000.
La decuplicazione del reddito di una parte così significativa dei parlamentari italiani rende impossibile continuare a descrivere la politica italiana con le stesse categorie mentali con cui essa veniva descritta ai tempi di Amintore Fanfani o Giulio Andreotti.
Fintanto che la vita di un esecutivo è legata alla permanenza in Parlamento di persone che, se andassero a casa, per bene che vada, guadagnerebbero un decimo di quanto percepiscono da deputati, la vita di questo esecutivo è sicura.
Nessun argomento può essere così forte da indurre i grillini a rinunciare ad un reddito tanto elevato.
Dovremmo trovarci di fronte a 600 autentici eroi: i trecento deputati grillini più le loro mogli/compagne, quali contitolari dell’immancabile mutuo nel frattempo contratto.
Io, al loro posto, mi comporterei nello stesso identico modo.
Per un partito, come il PD, che ama stare al potere, il M5S rappresenta il miglior alleato possibile.
Nessuna crisi di governo è immaginabile fintanto che al potere c'è il M5S.
L’alleato di governo può fargli fare qualsiasi cosa. Tutto ed il contrario di tutto.
Del resto abbiamo già avuto una dimostrazione eloquente l’anno scorso, quando il M5S è passato -senza fare una piega- da un’alleanza con la Destra ad un’altra con l’estrema Sinistra.
Ecco la ragione per cui non si può più giudicare la politica italiana con il metro di una volta.
Cosa vuoi che importi a quei ragazzi da 15,000 euro al mese (senza contare i copiosi fringe benefit) votare a favore o contro la TAV, a favore o contro la TAP, a favore o contro il MES, quando ci sono di mezzo tutti quei quattrini?
Fintanto che l’indennità parlamentare continuerà ad essere uguale per tutti, invece che essere rapportata all’esperienza acquisita in precedenza (come si fa in tutte, ripeto tutte, le aziende private), non è possibile per un elettore grillino contare sulla fedeltà dei suoi rappresentanti in Parlamento.
Certo è curioso notare come l’indennità parlamentare, nata come mezzo per permettere l’accesso alla politica dell’operaio, strada facendo si sia arricchita sino a diventare un ambìto traguardo per tutti.
Lo stesso Giuseppe Conte (che è espressione del M5S) non può essere escluso dalle nostre considerazioni, anche se, nel suo caso specifico, tornare all’attività privata comporterebbe una rinuncia meno importante sotto il profilo economico.
Infatti gli verrebbero a mancare tutti quei fringe benefit e salamelecchi cui si è tanto e così velocemente appassionato.
Tanto appassionato che egli, estraneo com’era al mondo della politica, non sa più cosa inventare pur di rimanere al suo posto di Premier.
Per esempio ha inventato:
a) l’istituto della task force, cioè il ricorso a tecnici esterni all’Amministrazione dello Stato, che comporta sì un notevole aggravio per le casse dello Stato, ma al tempo stesso sgrava il Premier (così lui pensa) delle sue responsabilità;
b) l’istituto del DPCM (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri), una novità assoluta nella prassi legislativa italiana, che, in casi di emergenza, gli consente di legiferare senza passare per il Parlamento;
c) la clausola “salvo intese” che inserisce alla fine di ogni suo decreto, con la quale manda a dire ai parlamentari che non si riterrà smentito (e quindi non si dimetterà) nel caso loro dovessero decidere altrimenti;
d) la tecnica del continuo rinvio di ogni decisione che possa mettere in pericolo la sua permanenza al potere.
Inutile dire che tutti questi espedienti si traducono in un evidente esautoramento del ruolo del Parlamento, a tutto vantaggio di un esecutivo che però si sta dimostrando più inadatto del solito.
Fatalità ha voluto che questa massiccia presenza di giovani inesperti in Parlamento (e, quel che è peggio, nell’esecutivo da loro espresso) coincidesse con l’epidemia di COVID-19, cioè con la congiuntura che avrebbe richiesto il migliore dei governi possibili.
In conclusione, se nei libri di Storia c’è già il 1968, a maggior ragione dovrà esserci, a mio avviso, il 2018, questo essendo l’anno dell’imponente ingresso in Parlamento del M5S e della sua ascesa al potere.
Data indimenticabile, non tanto per l’incapacità dimostrata dal Movimento a livello governativo, quanto per avere, con il suo massiccio ingresso in Parlamento, cambiato l’identikit del deputato e svilito il ruolo dell'istituzione, anche a prescindere dagli espedienti (più o meno) surrettiziamente introdotti dal Premier attuale.
E’ iniziato il declino del Parlamento.
Se questo risultato, come sembra, rientrava nei piani di Beppe Grillo, esso è stato perfettamente conseguito.