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  • Immagine del redattoreGiglio Reduzzi

Italiani cicale?

Aggiornamento: 21 giu 2019

Credo di sapere con sicurezza dove nasca il pregiudizio estero nei nostri confronti. Quello di essere le cicale d’Europa.

Esso nasce dal fatto che, fuori d’Italia, ci conoscono prevalentemente per la nostra immagine pubblica, che è la rappresentazione dello spreco.

E difatti il pregiudizio si trasforma in apprezzamento non appena, dai sontuosi palazzi delle istituzioni pubbliche romane o romano-centriche, l’ospite straniero viene accompagnato nei capannoni di un’azienda privata del lombardo-veneto.

Infatti tra i due mondi non c’è solo separatezza: c’è un abisso.

Se l’ospite rimane nel settore pubblico, allora scopre che:

· la sobrietà dei presidenti dura solo il giorno della loro elezione, poi subentra il consueto sfarzo orientaleggiante;

· il personale di volo Alitalia, anziché concorrere a risanare l’azienda rinunciando a qualche benefit (tipo American Airlines), preferisce scioperare, cioè peggiorare la situazione;

· ci sono giornalisti RAI che guadagnano tre/quattro volte il Capo di Stato estero che stanno intervistando;

· ci è voluta una legge per ridurre le ferie dei magistrati a sole quattro settimane filate;

· gli insegnanti fanno tre mesi consecutivi di ferie;

· altrettanti ne fanno i giornalisti RAI, dove nulla accade tra giugno a settembre. (I telespettatori debbono accontentarsi del Tèchetètechetè, che è una ripetizione dei programmi mandati in onda nei nove mesi di attività.)

Sul versante privato, invece, scopriamo che:

· gli artigiani lasciano il tornio solo il giorno di ferragosto;

· il funzionamento di un intero capannone con dodici o più telai è nelle mani di un’unica operaia;

· i muratori bergamaschi lavorano anche la domenica e non fanno mai vacanza;

· gli operai, al massimo fanno due settimane di ferie.

Non è un caso che, quando un piccolo imprenditore cerca un saldatore, non si presenta nessuno; mentre, quando il Comune decide di assumere dieci vigili, si presentano in diecimila.

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