Giglio Reduzzi
La montagna scomparsa
Il monte Giglio, che ora non c’è, una volta c’era.
Non è una barzelletta: c’era davvero.
Era vicino a Calusco d’Adda (BG), ma è stato letteralmente mangiato dall’Italcementi per farne cemento.
Difatti a Calusco l’Italcementi aveva -e probabilmente ancora ha- una fabbrica per la produzione di questo prezioso manufatto e la dirigenza trovava logico rifornirsi della materia prima il più vicino possibile.
Per cui l’azienda ha continuato per anni a traforare il monte Giglio fino a cancellarlo dalla carta geografica.
Ora, al posto di una montagna, c’è un cratere.
Tra la montagna e la fabbrica scorreva una strada e, percorrendola, noi ragazzi trovavamo divertente che, sopra la nostra testa, scorressero dei carrelli simili alle cabine delle funivie alpine.
Erano i carrelli con cui l’azienda trasportava in azienda il frutto degli scavi.
Peccato che nei boschi circostanti ci fossero anche dei carrelli caduti dalle funi e mai recuperati.
Ugualmente curioso trovavamo il fatto che a Calusco i tetti delle case non fossero rossi come nei paesi vicini ma grigiastri.
Poi, cresciuto, venni a sapere che il fenomeno era dovuto al fatto che l’aria era talmente impregnata di polvere cementizia da far cambiare colore ai tetti.
Era la prima volta che sentivo parlare di inquinamento atmosferico.
Pare che a Calusco esso fosse così intenso che i coppi, non solo cambiavano colore, ma, per l’azione combinata del cemento e dell’acqua piovana, si legavano l’uno all’altro.
Sicché, quando dovevi sostituirne uno rotto, in realtà dovevi sostituirne una mezza dozzina.
Ebbene, nonostante questa situazione, che probabilmente caratterizzava tutti i luoghi di produzione Italcementi, rammento che allora (anni ’50-’60) c’era una corsa irrefrenabile a diventare dipendenti di quell’azienda.
Mentre non ricordo che ci sia stato alcun pressante intervento statale per obbligare l’azienda a far cessare l’inquinamento atmosferico da essa prodotto.
Evidentemente a quei tempi la ricerca ed il mantenimento di un posto di lavoro erano ritenuti prioritari rispetto ai problemi derivanti dall’inquinamento.
Ho ricordato il caso dell’Italcementi perché, a fronte di quanto sta succedendo a Taranto con l’ex Ilva, esso dimostra come le priorità siano nel frattempo cambiate.