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  • Immagine del redattoreGiglio Reduzzi

Mangiare il pane a tradimento

Il mio conoscente di…,in provincia di Bergamo, non se la sentiva più di “mangiare il pane a tradimento”, come si dice da quelle parti.

Espressione che significa essere pagati più di quanto il lavoro svolto non meriti.

Pertanto il mio conoscente, che era impiegato alle Poste, si dimise.

Per strano che possa sembrare, egli non se la sentiva più di essere pagato come il suo collega allo sportello (che lavorava intensamente per 6 ore al giorno) per un lavoro, quello di portalettere, che lui poteva sbrigare in meno di un’ora.

L’alternativa era far finta di lavorare, ma questo ripugnava alla sua coscienza, anche se, così facendo, egli avrebbe continuato a fornire un potente alibi ai suoi colleghi meno scrupolosi.

Ragion per cui si dimise e cercò un posto nell’industria locale.

I colleghi che facevano lo stesso mestiere tirarono un sospiro di sollievo.

Purtroppo il capo ufficio, anziché porsi il problema se non fosse il caso, nell’interesse dell’economia, di ridurre l’organico, chiese e ottenne l’immediato rimpiazzo del dipendente dimissionario.

Credo che l’episodio citato contribuisca non poco a spiegare il numero crescente di giovani che cercano lavoro alle dipendenze dello Stato. E delle agenzie che, come le Poste, si trasformano in SpA, ma mantengono le abitudini di quando non lo erano.

L’episodio alimenta altresì la diffusa sensazione che i dipendenti dello Stato siano molto più numerosi di quanti sarebbero se la gestione fosse regolata dall’economia.

Certo è paradossale osservare come la P.A. venga prima fatta crescere a dismisura e poi, appena se ne osserva l’immobilismo conseguente alla gonfiatura, la si bypassa con la nomina di un commissario straordinario!

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