Giglio Reduzzi
No English No party
Quando mi affidarono i mercati del Nord America, tra le prime informazioni che mi diedero c’era quella secondo cui i migliori affari li avrei fatti, non in ufficio, ma al bar o sui campi di golf.
Per cui, alla indispensabile conoscenza dell’inglese, dovetti aggiungere qualche nozione di quello sport, a me sconosciuto.
L’informazione si rivelò esatta.
Le prime simpatie mi arrivarono quando dichiarai che, per quel particolare tiro, io avrei usato una mazza di ferro numero sei.
L’avevo sparata a caso, ma pare fosse la più indicata.
Poi andammo al bar e lì, tra una barzelletta e l’altra, ottenni il mio primo ordine.
(A proposito di barzellette, ricordo che, siccome io vendevo un prodotto piuttosto caro, ero solito citare il caso della torre di Pisa, che -sostenevo- era venuta su storta proprio perché la committenza aveva assegnato i lavori delle fondamenta a chi aveva fatto l’offerta più bassa.)
Poiché immagino che in politica le cose si svolgano più o meno come nel mondo degli affari, continuo a domandarmi come potrà mai l’Italia attirarsi le simpatie dei suoi partner europei, quando, terminata la riunione dei ministri degli esteri, questi si ritrovano al bar (che, come abbiamo visto, è il luogo dove si intrecciano le amicizie), ma dove il ministro italiano non potrà mai mettere piede, perché forse conosce le barzellette, ma non l’inglese.