Giglio Reduzzi
Sale e caviale
Supertassare i ricchi farebbe contenti Nicola Fratoianni e tutti coloro che la pensano come lui, ma non risanerebbe le finanze dello Stato.
A quest’ultimo fine sarebbe molto più efficace una piccola tassa sul sale.
Per la semplice ragione che, poco o tanto, il sale lo usano tutti, mentre il caviale lo mangiano in molto pochi.
Lo sapevano bene gli inglesi che, non a caso, quando governavano l’India, misero quella tassa sul sale che suscitò le ire persino di quella “grande anima” di Ghandi.
Sarebbe bellissimo se una enorme tassa su un prodotto che solo i ricchi usano, quale appunto il caviale, avesse la stessa efficacia di una piccola imposta su un articolo di uso universale.
Purtroppo non è così.
Non è l’Europa che ce lo chiede, ma la Matematica.
Disgraziatamente i ricchi sono pochi ed i poveri sono (e rimarranno sempre) tanti.
Di bellissimo ci sarebbe solo il carattere demagogico della proposta, cioè l’esultanza, peraltro provvisoria, che determinerebbe in coloro che soffrono di quella malattia (a lungo alimentata dal marxismo) che si chiama “invidia sociale”.
Quella di chi, più che far ridere i poveri, vorrebbe veder piangere i ricchi e che, non a caso, sono contrari alla “flat tax”.
Dimenticando che l’aliquota unica, qual è appunto la flat tax, essendo espressa in percentuale, soddisfa anch’essa il criterio della progressività previsto in Costituzione.
Con il vantaggio -inter alia- di affidare agli imprenditori onesti i mezzi per sviluppare le loro aziende, senza che lo Stato debba intervenire con ulteriori macchinosi incentivi.