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  • Immagine del redattoreGiglio Reduzzi

Stelle: che delusione!

Aggiornamento: 29 ott 2020

Partiamo da alcuni dati incontestabili.

La velocità massima mai raggiunta da un veicolo con dentro un uomo è di 11 Km/sec. (pari a circa 347 milioni di Km/anno), mentre quella mai raggiunta da un veicolo di costruzione umana, ma senza presidio umano, è di 192 Km/sec. (pari a circa 6 miliardi di Km/anno).

La stella più vicina alla Terra, è Proxima Centauri, che dista da noi la bellezza di 40.000.000.000.000 Km, sì avete letto bene: 40.000 miliardi di km.

E’ chiaro che, con le velocità raggiunte sinora, l’uomo non potrà mai andarci, né mandarci un veicolo privo di presenza umana.

Non potrebbe farlo neppure se, per assurdo, fosse in grado di costruire un veicolo che viaggiasse alla velocità della luce, la quale, com’è noto, è di 9.460,8 miliardi di km/anno, ossia di 18 milioni di Km/ minuto.

Tant’è che, essendo la distanza minima Terra/Marte di 54 milioni di Km, la luce riflessa da Marte arriva da noi in circa 3 minuti, mentre quella emessa dal Sole (sito a 149 milioni di Km dalla Terra) ci arriva in 8,3 minuti.

Morale della favola, ammesso che:

· Proxima Centauri abbia un pianeta “abitabile” (improbabile),

· L’uomo possa viaggiare alla velocità della luce (impossibile),

impiegheremmo 4,2 anni per andarci (ed altrettanto per tornare).

Mentre, con le velocità attuali, impiegheremmo la bellezza di:

· 115.274 anni per mandarci un uomo e

· 6.666 anni per mandarci un veicolo non presidiato

(sempre senza contare il tempo per il viaggio di ritorno).

Alla luce di quanto precede, mi chiedo come si possa nutrire un così grande interesse, non tanto per Proxima Centauri, quanto per le stelle in generale, tenuto conto che le distanze alle quali si trovano le rendono di fatto irraggiungibili, eccetto che al nostro sguardo di muta ammirazione.

Irraggiungibili e beffarde, perché non rientra nell’esperienza umana che una cosa sia visibile ed al tempo stesso irraggiungibile.

Se mai abbiamo esperienza del contrario: ce ne accorgiamo ogni volta che sbattiamo la testa in qualcosa che non avevamo visto!

E’ pure estraneo alla nostra esperienza che una cosa così lontana possa essere, non dico raggiunta, ma anche solo vista ad occhio nudo.

Infatti qui, sul nostro pianeta, le fonti di luce di solito scompaiono dalla vista man mano che si allontanano.

Le stelle no. Il vuoto in cui si trovano permette il transito ad infinitum della luce che emettono, ma, evidentemente, ce ne dimentichiamo.

La loro visibilità appare come una costante e beffarda sfida, del tipo “Vieni a prendermi se ci riesci!”

Il carattere beffardo della sfida sta anche nel fatto che non tutte le stelle che vediamo in cielo potrebbero essere “vive” nel momento in cui le osserviamo.

Infatti, come abbiamo visto, sono tutte talmente lontane che la loro luce, pur essendo tanto veloce, impiega anni, a volte secoli, per arrivare sino a noi.

Di conseguenza nulla esclude che, nel frattempo, siano “morte” e si siano trasformate in qualcosa d’altro. Per esempio in un buco nero.

In pratica non le vediamo "in diretta", ma solo "in differita", come ci capita di vedere alcune partite di calcio.

Per tutte queste ragioni, non capisco come la notizia della scoperta di una nuova stella, magari sita a centinaia o migliaia di anni luce dalla Terra, possa suscitare tanto entusiasmo da meritare una menzione nei telegiornali della sera.

Chi sentiva la mancanza della nuova stella?

Mi sembrerebbe prioritario che gli scienziati orientassero la loro ricerca nella direzione di chi abbia potuto creare tutte quelle stelle, piuttosto che limitarsi a farne il censimento e catalogarle.

Una volta la ricerca delle stelle procedeva di concerto con quella di Dio.

E difatti personaggi come Keplero, Copernico e Galilei erano insieme teologi ed astronomi.

Non mi pare che ai nostri giorni si proceda allo stesso modo.

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